Crisi petrolifera e nuove tecniche di estrazione

Le nuove tecniche di estrazione del petrolio hanno sicuramente stravolto il mercato del greggio mondiale.
A metà anni 2000 le riserve stimate dagli esperti garantivano la possibilità di sfruttare gli idrocarburi fossili per pochi decenni, tuttavia ora le stesse riserve si aggirano circa ad un secolo, al netto della valutazione del continuo aumento della domanda.

Ovviamente, le risorse non sono aumentate, semplicemente, grazie alle nuove tecniche di estrazione, è aumentata la valutazione delle risorse disponibili, quelle che fisicamente possono essere sfruttate dall’uomo con le tecnologie attuali.

Fatta questa premessa dobbiamo dire che le nuove tecnologie hanno rappresentato una rivoluzione, hanno allargato l’orizzonte delle risorse in modo istantaneo, non solo in termini di durata, che è più che raddoppiata, ma anche in termini di petrolio disponibile sul mercato sin da subito.

Dove prima non si poteva estrarre, ora si può.

La Basilicata è un esempio, infatti il petrolio lucano è noto agli esperti da molti decenni, tuttavia era sempre stato impossibile accedervi, prima d’ora. E si tratta di un giacimento importantissimo per estensione.

Questo semplice esempio ci fa capire come in un mercato fatto di domanda ed offerta, l’offerta è aumentata a dismisura in un lasso di tempo che può essere considerato brevissimo. Tutto ciò ha portato ad un abbattimento del costo del singolo barile su tutto il mercato mondiale, passando dai massimi storici di quasi 200 dollari al barile al minimo inferiore a 30.

L’abbattimento del costo è realmente positivo?

In merito all’abbattimento del costo del petrolio pensare ad una singola causa è sicuramente riduttivo: il mercato del petrolio è complesso e non è semplice comprenderne appieno le cause che governano le sue oscillazioni, e senza entrare in argomenti davvero troppo complessi, possiamo affermare anche che anche la situazione geopolitica dei paesi produttori di petrolio, oltre all’aumento a dismisura dell’offerta, ha inciso sulla caduta dei prezzi.

E’ comunque interessante comprendere che anche sul piano degli effetti di un abbassamento del costo, le riflessioni più immediate si possono rivelare inesatte. Difatti la gente comune è portata a pensare che la riduzione del costo di una materia prima, o dell’energia in questo caso, per il consumatore finale, o più genericamente, per uno stato come l’Italia che è importatore di petrolio, sia sicuramente una buona notizia.

Tuttavia, un decremento eccessivo, e per un periodo di tempo troppo lungo, come quello che stiamo vivendo in questi anni, potrebbe avere effetti negativi anche per attori non direttamente interessati. In primis, ed è facile comprenderlo, i paesi esportatori di petrolio sono anche paesi importatori di beni di lusso, o in generale di prodotti lavorati, e sono nostri partner commerciali.

Pertanto una riduzione del loro potere di acquisto comporta una diminuzione di vendita di beni e prodotti finiti su cui l’Europa realizza un ottimo surplus.

Un altro motivo di preoccupazione sono le conseguenze geopolitiche di Paesi in Africa e Sud America che basavano la loro economia sull’export e ora vivono delle crisi politiche, tutto ciò oltre a preoccupare il mondo occidentale per l’instabilità di queste regioni, è terreno fertile per movimenti che di pacifico hanno ben poco.

Inoltre ci sono giganti dell’esportazione di altre fonti fossili, come la Russia, che hanno difficoltà ad essere competitivi con un prezzo del petrolio così basso.

Per concludere

Non dimentichiamo infine che anche nei paesi occidentali, che ad un’analisi superficiale dovrebbero guadagnarci da questa situazione, in realtà la preoccupazione è alta, perché sono numerose le società quotate in borsa che vivono di petrolio, e sono centinaia di migliaia i posti di lavoro (occidentali) nel settore di estrazione e raffinazione petrolifera.